I Bush, i Clinton, e lo scandalo Iran-Contra: una parabola americana -Parte 1

Esiste uno scheletro in America, danza sulla scena politica dal 1980, fin dall’elezione di Ronald Reagan alla Casa Bianca; le sue falangi hanno manovrato o accarezzato figure chiave di tutte le amministrazioni degli ultimi 35 anni, compresa quella di Barack Obama: è lo scandalo Iran-Contra. Per tenere invisibile questo scheletro sono state calpestate leggi, proclamate menzogne davanti a cittadini e tribunali, e messi a tacere giornalisti. Ossa che si sono trasformate in una scalinata per l’ascesa politica, ossa che palizzano le stanze del potere, e ora pavimentano la via delle prossime elezioni presidenziali.

I due probabili candidati alla corsa per la Casa Bianca del 2016, Jeb Bush e Hillary Clinton, fanno parte di famiglie legate a quello scandalo; se vogliamo, sono anche espressione della definitiva trasmutazione del sistema politico americano: repubblicani e democratici rappresentano ali di un unico grande contenitore, il “Deep State“. Il Presidente e la sua amministrazione devono garantire gli interessi di uno Stato (complesso industriale-militare-petrolifero, la comunità dell’Intelligence e gli apparati istituzionali, la grande finanza) controllando l’evoluzione sociale di una Nazione (i cittadini); e questa continuità di interessi è oggi sotto gli occhi di tutti con la discesa in campo di un altro Bush. Il fratello di Jeb, George W., lasciò scoperto il fianco agli attacchi dell’11 Settembre, lanciò due guerre infinite, e favorì la bolla immobiliare che scatenò la Crisi finanziaria del 2007-08: questi eventi, che presi singolarmente dovrebbero far terra bruciata attorno a quel nome, non intaccano la fiducia nei Bush da parte del “Deep State”; una fiducia iniziata molto, molto tempo fa.

Il Gigante Trasparente del XX secolo

George H.W. BushErede di una famiglia di banchieri e industriali, alla metà degli anni ’50 George H. W. Bush, padre di George W. e Jeb, fondò una compagnia petrolifera, la “Zapata Oil”; era in società con un agente della Cia, Thomas Devine, specializzato in attività di copertura per le operazioni all’estero. Nel 1959, in piena rivoluzione castrista, Bush e Devine lanciarono la “Zapata Oil Off-shore”, operante a una quarantina di miglia dalle coste cubane. L’anno dopo Bush ne fondò un’altra, di compagnia petrolifera con piattaforme vicino a Cuba, la Permargo; il suo socio era Edwin Pawley, consigliere del Dipartimento di Stato, e persona vicina a Allen Dulles, Direttore della Cia.

Tra il 1960 e il 1963 Pawley, in stretto contatto con la sede della Cia di Miami, fu mente e protagonista di alcune delle operazioni tese a rovesciare il regime castrista, raggruppate sotto il nome JM/WAVE; e il socio di George Bush fu tra i più accesi sostenitori della fallita invasione alla Baia dei Porci, nel 1961, e dei vari tentativi di assassinare Castro.

Nel 1964, dopo la decisione del padre Prescott di non ricandidarsi al senato, Bush entrò in politica. Nel 1966 diventò Senatore, e negli anni ’70, su nomina del Presidente Richard Nixon, fu ambasciatore Usa all’Onu in piena Guerra Fredda. Quando scoppiò lo scandalo Watergate – un gruppo di ex agenti della JM/WAVE fu scoperto a piantare cimici nell’ufficio elettorale dei Democratici – Bush venne richiamato a Washington per riformare il partito Repubblicano; nel 1974 fu proprio Bush a pretendere le dimissioni del Presidente Richard Nixon. Risolti i problemi interni, affrontò quelli esterni: fu inviato speciale in Cina per redigere i protocolli diplomatici che ponevano fine a due decenni di ostilità con Pechino. Nel 1975 venne designato come Direttore della Cia (Central Intelligence Agency), e si insediò negli stessi giorni in cui il democratico Jimmy Carter entrava alla Casa Bianca. A sua volta Bush scelse come Direttore delle operazioni segrete Ted Shackley, responsabile della sede Cia a Miami all’epoca della JM/WAVE degli anni ’60.

Nel 1979 Bush corse alle primarie repubblicane per la Casa Bianca, perdendo contro il ben più seducente Ronald Reagan; al neo-candidato, tuttavia, il partito impose Bush come vice.

Dal 1980, e per 12 anni consecutivi, Bush ha occupato la Presidenza degli Stati Uniti; 8 come vice di Ronald Reagan, ma con due deleghe cruciali: alla “Sicurezza Nazionale”, a guardia del Deep State, e alla “Deregulation del sistema economico-finanziario”. Nel 1992 perse le elezioni a favore di un estraneo ai giochi di potere di Washington, il democratico Bill Clinton. E’ da quell’anno che ha preso il via la staffetta tra i Bush e i Clinton nelle stanze del potere.

Nel 2000 a Clinton è succeduto George W. Bush, in carica per 8 anni di fila, circondato da molti ex colleghi di partito del padre, come Donald Rumsfeld e Dick Cheney.

Nelle elezioni del 2008, alla Casa Bianca si è imposto il democratico Barack Obama, che si è ritrovato come Segretario alla Difesa Robert Gates, un fedelissimo di George H. W. Bush; al neopresidente è stata affiancata Hillary Clinton come Segretario di Stato, la quarta carica più importante negli Stati Uniti.

In questa ripetuta successione tra i Bush e i Clinton nelle stanze del potere, l’alternanza sembra dare una maschera di rispettabilità al sistema politico di Washington. Tuttavia, una volta accettato George H. W. Bush come perno della storia contemporanea degli Stati Uniti, diventa più semplice inquadrare l’ascesa dei Clinton: vanno ricercati i legami tra il politico più potente d’America degli ultimi 40 anni e lo sconosciuto governatore dell’Arkansas, dato per favorito alle primarie democratiche con largo anticipo.

E le strade di George H. W. Bush e Bill Clinton si sono incrociate negli anni ’80; in quel periodo la Cia supportò in segreto i Controrivoluzionari (Contra) del Nicaragua per rovesciare i Sandinisti, movimento social-democratico, i quali nel 1979 si erano liberati della tirannide della famiglia Somoza.

Quando il 5 ottobre 1986 un C123K della Cia carico di armi venne abbattuto sui cieli del Nicaragua, scoppiò il cosiddetto scandalo dell’Iran-Contra: si scostò il coperchio sopra a un mondo sotterraneo di guerre ideologiche e operazioni segrete, narco-Stati e traffici di droga, riciclaggio di miliardi di dollari e istituzioni corrotte. Quell’aereo era già partito o atterrato molte volte dall’Arkansas del Governatore Clinton; e faceva tappa in Salvador, in operazioni di supporto ai Contra gestite sul campo da Felix Rodríguez, uomo di punta nella Cia fin dai tempi della JM-WAVE di Miami. In quegli anni, tra il 1982 e il 1986, Felix Rodriguez  incontrò di persona il Vice-Presidente in tre occasioni; e contattò l’ufficio di George H. W. Bush ben 17 volte, compresa la sera in cui il C123K fu abbattuto dai Sandinisti.

Iran-Contra: un nome per due scandali diversi

La trama generalmente accettata per raccontare lo scandalo dell’Iran-Contra è la seguente:

– appena insediata, l’amministrazione Reagan-Bush, sospinta dall’anti-comunismo, favorisce la nascita dei Contra in Nicaragua, con l’obiettivo di rovesciare il regime Sandinista.

– i cittadini americani, a pochi anni dalla disastrosa guerra del Vietnam, vogliono rimanere fuori da una questione che riguarda solo il popolo del piccolo Stato centro-americano. Nel 1982 il Congresso modifica il Neutrality Act con l’Emendamento Boland, che vieta agli Stati Uniti di appoggiare i Contra in Nicaragua.

– A partire dal 1984, su impulso di Reagan, il National Security Council (NSC), ufficio gestito dal Colonnello Oliver North (e supervisionato da Donald Gregg, braccio destro di Bush), comincia a fornire armi all’Iran attraverso intermediari israeliani; in cambio, si ottiene la liberazione di ostaggi americani in mano agli Hezbollah libanesi.

– Nel 1984 il Congresso passa l’emendamento Boland II, che vieta il supporto ai Contra via Paesi terzi.

– Nel 1985 l’NSC riceve da Reagan un fondo di 15 milioni di dollari: servono ad acquistare armi da girare all’Iran in cambio di nuovi ostaggi americani rapiti dagli Hezbollah. Una fetta dei fondi viene deviata per acquistare armi per i Contra in Nicaragua; un’altra, per armare i Mujaeddin in Afghanistan, impegnati nella guerra contro i Sovietici. Sempre nel 1985, il Congresso stanziò 27 milioni di dollari come sostegno umanitario al Nicaragua; in segreto, l’Nsc ne utilizzò una parte per comprare altre armi per i Contra.

– Nel 1986 il C123K della Cia è abbattuto in Nicaragua. Il mondo viene a sapere che gli Usa supportano i Contra nella guerra contro i Sandinisti.

– Nel 1987 la Commissione d’inchiesta sull’Iran-Contra stabilisce che William Casey, Direttore della Cia deceduto prima della sua seconda deposizione, era stato l’architetto del piano. Il Colonnello North, secondo la Commissione, ha gestito l’NSC a fini personali, tagliando fuori Bush e Reagan dalla catena decisionale. Il Colonnello ha violato la legge fornendo armi all’Iran, designato come Stato terrorista; e ha anche aggirato l’Emendamento Boland inviando armi ai Contra. Inoltre North, in combutta con il suo intermediario, l’ex Generale Richard Secord, ha messo in piedi un’associazione a delinquere: gonfiando il prezzo delle armi, si sono intascati parte del finanziamento. In più, hanno fatto la cresta sui altri fondi per la causa dei Contra, donati dall’Arabia Saudita, dal Brunei, e altre Nazioni.

– North, Secord e un’altra dozzina di persone, sono stati condannati al carcere, o a pene pecuniarie, o a dimettersi dai propri incarichi.

– Il Presidente Reagan si è discolpato, affermando di non aver mai compreso bene il piano portato avanti dall’NSC, quando aveva firmato il finanziamento di 15 milioni di dollari.

– Donald Gregg, braccio destro del Vice-Presidente e responsabile dell’NSC gestito da North, non è stato toccato.

– Dal canto suo George Bush ha sempre affermato di non aver mai saputo nulla: né dell’accordo con l’Iran, né delle armi fornite ai Contra; non venne neppure chiamato a testimoniare davanti alla Commissione. Eppure, in un’agenda di lavoro della vice-presidenza, era annotato che fosse a conoscenza dei dettagli del piano. Nei verbali delle riunioni, in più occasioni, si trova esplicitamente il suo nome correlato ad agenti operativi sul campo.

Durante la campagna presidenziale del 1988, alcuni giornalisti, come Dan Rather della Cbs, provarono a mettere il Vice-Presidente di fronte alle sue responsabilità; non servì a nulla: Bush venne eletto alla casa Bianca. Quando nel 1991 stava per ripartire un’altra inchiesta sull’Iran-Contra, alla luce di nuovi elementi, perdonò con un atto presidenziale la maggior parte delle persone coinvolte nello scandalo.

La manipolazione linguistica e tre eventi separati

Quando sui mezzi di informazione è cominciata a rimbalzare l’espressione “scandalo Iran-Contra” (o anche “Irangate”), in realtà si è creato un serio problema di linguaggio: il coinvolgimento Usa nella guerra in Nicaragua e la fornitura di armi al regime degli ayatollah sono due eventi distinti tra loro, se si eccettua una somma di denaro, pur importante, spesa per i Contra invece che per Iran.

Durante la Commissione d’Inchiesta del 1987 sono emersi i primi dubbi sulle cifre spese per supportare i Contra; ufficialmente, la Cia ha finanziato per almeno due anni una guerra civile in uno stato straniero: con armi, con aerei, con materiale, mettendo in campo addestratori e uomini di fiducia stipendiati.

Durante le udienze, il deputato Les Aspin lo ha fatto notare: i conti non tornano, i Contra hanno ricevuto cifre  superiori alla somma di denaro deviata dal fondo per l’Iran; anche contando i finanziamenti ricevuti da parti terze, i numeri non corrispondono.

A domanda precisa, le persone sotto indagine non hanno saputo dire la provenienza dei fondi ulteriori. L’ex Generale Secord ammise che ci volevano almeno una decina di milioni di dollari ogni tre mesi per finanziare un’operazione come quella; ma aggiunse di ignorare da quale fonte i Contra attingessero il denaro per combattere la loro guerra.

La risposta è emersa l’anno successivo, nel 1988, e in un’altra sede: la Sub-Commissione agli Esteri del Senato, indagando sul traffico di armi e droga tra Colombia, Panama e Stati Uniti, accertò che il “Cartello di Medellìn” finanziava i Contra del Nicaragua. In cambio, il Cartello aveva accesso agli aeroporti in Honduras, Salvador e Costarica: lì, caricavano la cocaina colombiana su voli “privilegiati” diretti negli Usa. Il Presidente della Sub-Commissione, John Kerry (attuale Segretario del Dipartimento di Stato), condannò a livello generale, ma non individuale, il comportamento dei rappresentanti delle istituzioni: sapevano che personaggi attigui alla Cia e ai Contra importavano droga negli Stati Uniti, ma non li denunciavano, né tantomeno li bloccavano. Il rapporto finale venne inviato al Dipartimento di Giustizia nell’aprile del 1989, ma non produsse conseguenze a livello politico; George Bush, appena eletto alla Casa Bianca, non aveva alcun interesse a riaprire il caso.

Quindi già nel 1988 il Senato Usa aveva individuato un legame tra la Cia, i Contra e la multinazionale del crimine più potente degli anni ’80, il cartello di Medellìn. Quei pochi milioni di dollari sottratti al fondo destinato alle armi per l’Iran, assomigliano a una toppa per coprire un buco; un passaggio segreto che porta in una dimensione diversa rispetto all’ideologia dell’amministrazione Reagan-Bush, o all’avidità personale dei singoli, come il Colonnello North e l’ex Generale Secord.

Come affermò davanti alla Sub-Commissione il Generale Paul Gorman, capo delle forze militari Usa in Centro-America, per controllare il territorio di quei Paesi bisognava conquistare le rotte del traffico di droga.

Ma non è tutto: la definizione Iran-Contra (o Irangate) non solo nasconde i rapporti fra la Cia, i Contra e il Cartello di Medellìn, ma distrae dal vero scandalo che vede come protagonisti membri dell’amministrazione Reagan-Bush, l’Iran e la formula “armi in cambio di ostaggi”.

1980-1981: ostaggi americani come merce di scambio per la Casa Bianca 

Nel 1980 il Presidente Jimmy Carter era oggetto di feroci critiche per la crisi diplomatica con l’Iran dell’ayatollah Khomeini: dal novembre 1979, ben 52 americani erano sotto sequestro a Tehran, e sembrava non esserci una via d’uscita. Nella primavera del 1980 una spedizione militare di salvataggio era fallita ancora prima di raggiungere la capitale iraniana.

Tra le possibilità vagliate dal Direttore della Cia Stanfield Turner, vi era un piano elaborato dal governo israeliano: Tel Aviv, per conto degli Usa, era pronta a fornire armi all’Iran in cambio degli ostaggi. Per Carter era fondamentale riportare a casa quelle 52 persone: il 1980 era l’anno delle elezioni presidenziali, e sulla crisi degli ostaggi veniva quotidianamente martellato dai mezzi di informazione. Carter diede così ordine di intavolare una trattativa con iraniani e israeliani.

A sorpresa, però, a settembre gli iraniani annunciarono di non essere più interessati alle armi, e che avrebbero rilasciato gli ostaggi non prima delle elezioni di novembre. In realtà gli israeliani, a ottobre, consegnarono a Tehran quattro caccia-bombardieri; senza nessun via libera di Carter o Turner.

Nel novembre 1980 Reagan vinse le elezioni; gli ostaggi vennero rilasciati da Tehran il 20 gennaio 1981, esattamente 20 minuti dopo l’insediamento della nuova amministrazione alla Casa Bianca.

Negli Stati Uniti scoppiò uno scandalo, all’epoca chiamato, appunto, “October Surprise”: i Democratici accusarono Reagan di aver raggiunto un accordo privato con gli iraniani, mandando a monte il piano di Carter e allungando il sequestro di 52 americani di almeno quattro mesi. Ci fu anche una Commissione d’indagine del 1981, che di fatto, in assenza di prove documentate, rigettò le accuse.

In realtà, come ha dimostrato l’inchiesta di Gary Sick, ex membro del Nsc sotto Gerald Ford e Jimmy Carter, c’era stato un accordo tra gli iraniani e Reagan: a stringerlo fu l’ex agente della Cia William Casey, all’epoca capo dello staff elettorale di Reagan. Dalla primavera del 1980 Casey aveva cominciato a incontrarsi con degli emissari iraniani: sul tavolo aveva offerto materiale bellico pesante qualora a Tehran fossero stati interessati a quel tipo di trattativa. Gli incontri decisivi erano avvenuti nel luglio e nell’agosto del 1980, con Mehdi Karrubi, persona molto vicina all’ayatollah Khomeini.

A confermare l’accordo tra emissari della futura amministrazione Reagan-Bush e Tehran sono stati alcuni protagonisti: Abolhassan Bani-Sadr e Ytzak Shamir, rispettivamente Presidente dell’Iran e Ministro degli esteri israeliano; nonché l’intermediario tra Bush e Tel Aviv: l’agente del Mossad Amiram Nir.

E’ ormai opinione comune che fu Robert Gates, all’epoca assistente del Direttore della Cia Turner, a passare le informazioni relative al piano israeliano vagliato da Carter, e a mettere in moto William Casey.

Quando l’amministrazione Reagan-Bush si insediò, Casey venne nominato Direttore della Cia, e Robert Gates Vice-Direttore con delega all’Intelligence.

Anti-Comunismo, traffici di droga e Contra

Non è detto che se Carter fosse stato rieletto, gli Usa non avrebbero supportato la nascita dei Contra in Nicaragua. Già nel 1979 la sua amministrazione aveva avvallato il piano di sostegno al regime militare in Salvador, nella guerra civile contro i guerriglieri marxisti.

Dalla fine della II Guerra mondiale il pianeta era terra di spartizione tra il blocco comunista e il sistema capitalista. Nel 1975, con la ratifica degli Accordi di Helsinki, princìpi per regolare le relazioni tra Stati, si era stemperata un poco la Guerra Fredda tra Usa e Urss; tuttavia l’ostilità tra le due potenze rimaneva forte: laddove spuntava un fronte marxista, lì, nasceva una controrivoluzione. All’ideologia comunista se ne contrapponeva un’altra simmetrica: l’anti-comunismo. Anche quando un leader di ispirazione social-democratica, come il cileno Salvador Allende, veniva scelto tramite elezioni, per Washington non contava la libertà di autodeterminazione di un popolo, ma la repressione di qualsiasi politica in opposizione agli interessi americani. Questo accadeva dal Vietnam all’Angola, ma specialmente nel continente americano, sul quale, secondo l’ultra-centenaria Dottrina Monroe, gli Usa dovevano esercitare la loro supremazia.

Come ebbe a dire il Segretario del Dipartimento di Stato Henry Kissinger sotto l’amministrazione Nixon, “la questione è troppo importante perché gli elettori cileni vengano lasciati liberi di decidere”.

Nel 1973 la Cia organizzò il colpo di Stato che rovesciò Allende. E due anni dopo, proprio a Santiago del Cile, si incontrarono i vertici dei servizi segreti di tutte le dittature militari o oligarchiche dei Paesi del Centro e del Sud America: con la benedizione di Washington, stipularono un patto di collaborazione per reprimere movimenti rivoluzionari di sinistra (Operazione Condor); gli Stati Uniti, infatti, si impegnavano con uomini, mezzi e finanziamenti.

In questo contesto si inseriva anche la World Anti-Comunist League (WACL), una struttura politica con frange paramilitari, sempre supervisionata da Washington. Il problema con questa struttura, era la repressione violenta anche dei movimenti democratici di sinistra.

Ad esempio, la WACL, pur di favorire l’ascesa di fazioni anti-comuniste, nel 1980 supportò il colpo di stato del Generale Meza Tejada in Bolivia, finanziato dal narcotrafficante Roberto Suarez. Invece di un governo costituzionale, i boliviani si ritrovarono una dittatura sanguinaria, con un “ministero della cocaina” impegnato a esportare la droga nel nord America attraverso Panama, snodo di qualsiasi traffico illegale per via della sua posizione geografica.

All’epoca l’uomo forte di Panama era Manuel Noriega, capo dell’Intelligence e a libro paga della Cia da due decenni. Già dalla fine degli anni ’70 Noriega svolgeva un ruolo centrale nel traffico di droga internazionale; prima con il Cartello di Calì, poi con il Cartello di Medellìn. Concedeva le piste dove atterravano gli aerei carichi di droga, poi importata negli Usa attraverso società di facciata. Noriega aveva scelto la BCCI (Bank of Credit and Commerce International) per occultare la sua fetta di guadagno, 10 milioni di dollari al mese; se la BCCI era considerata la peggior banca di tutti i tempi, contando fra i suoi correntisti dittatori, terroristi e trafficanti di armi o di droga, in realtà erano tutte le banche con sede a Panama a essere coinvolte nel riciclaggio di denaro sporco.

Nel 1988, davanti alla Sub-Commissione sul narcotraffico, Ramòn Millian Rodríguez, tesoriere del Cartello di Medellìn con residenza a Miami, affermò: “utilizzavo oltre 140 banche con filiali a Panama per riciclare il denaro derivante dal traffico di droga. Con il supporto delle sedi di New York lo riciclavamo acquistando industrie, miniere, imprese, mezzi di informazione, squadre di calcio. Lei Senatore D’Amato (membro della Sub-Commissione, ndr) cita la ABN, ma in realtà investivamo attraverso molti altri istituti di credito privati a New York o a Parigi. Per quanto riguarda il “cash”, utilizzavamo attività americane di import-export: ad esempio, la Frigorificos de Puntarenas, produttrice di gamberetti; il denaro finiva in scatole di cartone impilate nella stiva di una nave, tra la merce: lo trafugavamo dagli Stati Uniti, e lo depositavamo alle Isole Cayman, alle Bahamas o a Curaçao.”

La testimonianza di Ramon Millian Rodríguez davanti alla Sub-Commissione del 1988 è cruciale per ricostruire il legame tra gli Usa, Noriega, e la guerra in Nicaragua: fu Felix Rodríguez, l’agente di contatto con l’NSC e uomo di fiducia di Bush, a chiedergli di girare ai Contra somme pari a 10 milioni di dollari. Il tesoriere del Cartello di Medellìn era cubano-americano, cresciuto sotto l’ala protettiva di Manuel Artime, ex agente operativo della JM/WAVE di Miami: sapeva bene chi fosse Felix Rodríguez.

Felix Rodríguez, Bush, e l’operazione Black Eagle

Felix Rodriguez con "Che" GuevaraFiglio di una prominente famiglia di esuli cubani, agli inizi degli anni ’60 Felix Rodríguez si unì alla JM/WAVE di Miami. Appena ventenne, partecipò a molte operazioni della Cia: a partire da “Operation 40”, un gruppo di agenti addestrati in azioni terroristiche e assassinii. Partecipò alla fallita invasione di Cuba nel 1961, e ai sabotaggi per destabilizzare il regime di L’Havana (Operazione Mangusta). Diverse volte andò vicino a uccidere Fidel Castro, e lì nacque la sua fama di “uomo coraggioso” e simbolo dell’anti-comunismo. Dalla metà degli anni ’60 si mise sulle tracce di Ernesto “Che” Guevara, inseguendolo in Congo; e nel 1967 fu proprio Felix Rodríguez, in Bolivia, a supervisionare la caccia, la cattura e l’esecuzione del rivoluzionario argentino. A cavallo tra gli anni ’60 e ’70, invece, combatte in Vietnam e in Laos; accresce la sua fama di impavido, volando in piccoli aerei sopra la giungla per individuare accampamenti nemici da bombardare poi con il napalm. Partecipa all’Operazione Phoenix, sotto il comando dell’ex capo della JM/WAVE di Miami, Ted Shackley: il suo compito è supervisionare il rapimento, la tortura, e l’eventuale esecuzione di persone sospettate di fiancheggiare i vietcong. Fa parte anche di Air America, la compagnia aerea che fungeva da copertura per operazioni della Cia: la flotta era funzionale alle operazioni di trasporto e salvataggio in Laos, Cambogia e Tailandia, dove gli stati Uniti stavano combattendo guerre segrete; alcuni voli però, supervisionati dal Generale Secord, erano usati per un traffico internazionale di oppiacei, che alimentarono lo spaccio di eroina anche negli Stati Uniti.

Per questo motivo Ramon Millian Rodríguez fu molto diretto: “Ho cominciato a girare somme di denaro ai Contra perché me lo chiedeva Felix Rodríguez. Se me lo avesse chiesto il Colonnello Oliver North direttamente dall’ufficio del NSC di Washington, non lo averi fatto; ma di Felix mi fidavo: quando diceva che dietro all’operazione c’era il Vice-Presidente Bush, io gli credevo” (Fonte: Frontline).

Bush ha sempre negato di essere coinvolto nel caso Iran-Contra, figurarsi se poteva accettare l’accostamento del suo nome al Cartello di Medellìn.

In realtà la Casa Bianca, nel 1982, diede il via all’operazione Black Eagle affidando proprio a Felix Rodríguez il compito di attivarla; il piano, avvallato da Bush, ricalcava l’operazione “Air America”, con un aeroporto come base logistica.

Noriega, che nel 1983  – quando impose la dittatura a Panama – incontrò George Bush, divenne pedina fondamentale dell’operazione segreta. Carichi di armi partivano da Panama e giungevano all’aeroporto militare di Ilopango, Salvador, dove Felix Rodríguez aveva stabilito il suo quartier generale. Da lì le armi giungevano in Honduras, e consegnate agli uomini del generale Adolfo Calero, leader del Frente del Norte. Oppure facevano tappa nella piantagione di La Penca, in Costarica, proprietà di John Hull, un asset della Cia: lì poi le armi venivano passate alle truppe di Eden Pastora, leader del Frente del Sud.

Dall’Honduras e dal Costarica i Contra penetravano in Nicaragua, attaccando fattorie e assassinando gente indifesa; oppure conducevano azioni terroristiche: facevano saltare ponti, ferrovie, porti. Quando ebbero a disposizione anche piccoli aerei e piloti addestrati, cominciarono a bombardare i villaggi dal cielo. Si calcola che almeno 22.000 civili, per lo più contadini, donne e bambini, morirono durante le azioni dei Contra. L’obiettivo era di fiaccare il morale della popolazione, e indebolire il sostegno ai Sandinisti, vittoriosi nelle elezioni democratiche.

Il traffico di cocaina e la “sicurezza nazionale”

“In ogni guerra, purtroppo, ci sono degli innocenti che soffrono”. Questa fu la risposta di Raymond Seitz, ambasciatore Usa a Londra, a un missionario che elencava le atrocità commesse dai Contra. I due si confrontavano sull’opportunità che la Gran Bretagna contribuisse ancora alla guerra in Nicaragua; ufficialmente, infatti, i Contra si finanziavano grazie canali legittimi: con donazioni di Stati, associazioni, semplici cittadini. Sulla costa ovest degli Stati Uniti, ad esempio, l’imprenditore Norwin Meneses raccoglieva fondi attraverso serate e promozioni, e li inviava ai connazionali impegnati a rovesciare i Sandinisti.

In realtà i Contra si auto-finanziavano principalmente con il traffico di droga; era risaputo negli uffici dell’NSC. Nell’agenda di lavoro del Colonnello North, alla data 12/7/1985, gli investigatori trovarono un appunto a proposito di un carico di armi in Honduras: “14 milioni del finanziamento vengono dalla droga” (fonte).

Era un segreto di pulcinella, visto che già nel 1985 la Associated Press aveva pubblicato un reportage: raccontava di come le piste aeree di Ilopango e La Penca, supervisionate dalla Cia, venissero utilizzate per scaricare rifornimenti di armi ai Contra, e importare cocaina negli Stati Uniti. L’NSC ne era al corrente; Robert Owen, l’agente di collegamento tra la Cia e il Frente del Sud, lo aveva comunicato in un memo. La faccenda venne semplicemente ignorata a Washington: anche perché nel 1982 Bush aveva raggiunto un accordo con il Segretario della Giustizia William Smith: gli agenti della Cia, o i loro asset, non erano obbligati a denunciare traffici illeciti all’interno di operazioni di “sicurezza nazionale” in supporto ai Contra.

A parlare di questo “memo di intesa” è stato Frederick Hitz, Ispettore Generale della Cia, in un Rapporto presentato nel 1998 davanti alla Commissione di Intelligence del Senato. La Commissione era impegnata a indagare sul legame tra la Cia e i Contra nel traffico di droga degli anni ’80: Hitz, pur di fronte alle accuse circostanziate della Senatrice Maxine Waters, escluse un coinvolgimento diretto dei vertici dell’Agenzia; tuttavia ammise che elementi della Cia avevano coperto almeno una cinquantina di persone coinvolte in traffico internazionale di droga.

Quel che l’Ispettore Hitz definì una mancanza, in realtà faceva parte di un disegno ben più articolato: l’invito a non indagare i fiancheggiatori dei Contra coinvolti in traffici di droga, era stato esteso anche ad altre agenzie, non solo alla Cia.

Agli agenti della Dea (Drug Enforcement Agency) Celerino Castillo e Michael Levine, era stato espressamente ordinato di non interferire con le operazioni illegali dei Contra; i due, separatamente, riportarono dei voli carichi di droga in partenza da Ilopango e l’Honduras, con destinazione Stati Uniti: i loro superiori bloccarono le indagini, perché mettevano a rischio la “sicurezza nazionale”.

Dal 1982 la Dea, infatti, non era più indipendente, ma era passata sotto l’ombrello della Anti-Drug Task Force, un’agenzia voluta da George Bush e gestita dal Nsc. Contemporaneamente, l’Nsc implementò un’agenzia per contrastare lo smercio clandestino di stupefacenti negli Stati Uniti: il National Narcotics Boarder International System; al suo interno, venne istituito un ufficio speciale: la South Florida Anti-Drug Task Force.

Secondo la testimonianza di Ramon Millian Rodríguez davanti alla Sub-Commissione del 1988, il sud della Florida era la principale porta di ingresso della cocaina smerciata dal Cartello di Medellìn. Il traffico era gestito, tra gli altri, dal cubano-americano George Morales, noto boss di Miami. E dal sud della Florida operava la Southern Air Transport (SAT), compagnia aerea di facciata della Cia, diretta dall’ex Generale Secord; per questa società lavorava Eugene Hasenfus, il pilota del C123K abbattuto in Nicaragua, che con la sua testimonianza scoperchiò lo scandalo Iran-Contra.

Michael Palmer, vicepresidente e pilota della Vortex, subappaltata dalla SAT, davanti alla Sub-Commissione del 1988 dichiarò: alcuni voli in Centro-America facevano parte di due operazioni: il trasporto di materiale ai Contra, supervisionato dalla Nsc, e il trasporto di cocaina a Miami, per conto di Morales.

Su impulso del Vice-Presidente George Bush, quindi, l’NSC non solo tollerava il traffico di cocaina dalla Colombia agli Stati Uniti, ma metteva a disposizione gli aerei, e gestiva le istituzioni imputate a bloccare quel traffico.

Una volta giunta negli Usa, la cocaina doveva poi essere rivenduta; e uno dei canali di distribuzione è stato descritto in “Dark Alliance” del premio Pulitzer Gary Webb: l”inchiesta, pubblicata nel 1996 sul San Josè Mercury, costò il posto al Direttore della Cia John Deutch, e favorì la Commissione d’inchiesta al Senato, dove Hitz presentò il suo il Rapporto.

Da Miami la cocaina raggiungeva anche San Francisco, dove operava proprio l’imprenditore Norwin Meneses, già noto all’Fbi anche come trafficante di droga; Meneses la consegnava a un connazionale, Danilo Blandòn, di base a Los Angeles; a sua volta Blandòn cominciò a smerciarla sottocosto a Rick Ross, uno spacciatore afro-americano di South Central. In breve tempo il piccolo spacciatore divenne un “signore della droga”, soprannominato “Freeway”, poiché i suoi clienti facevano la fila per strada. Grazie a Blandòn, Rick Ross aveva a disposizione un fiume ininterrotto di cocaina; era tagliata per fumarla, e quindi rivenduta al dettaglio a poco prezzo. Fu proprio nel 1982 che scoppiò la “crack-epidemic” di South Central; una piaga che, nelle parole della Senatrice Maxine Waters, ha rovinato una generazione nella comunità afro-americana, e compromesso il tessuto sociale di intere aree di Los Angeles.

Meneses girava parte dei ricavi ai Contra: il suo contatto in Centro-America era il colonnello Enrique Bermudez, uno dei leader del Frente del Norte, e da anni a libro paga della Cia.

Blandon e Meneses furono arrestati nel 1986, e vennero subito riciclati come informatori della Dea, sebbene l’Fbi li stesse indagando per traffico di droga; per accedere ai benefici del programma, ai due nicaraguensi bastò incastrare Rick Ross e la sua pletora di piccoli spacciatori.

Un escamotage simile venne adottato per un altro trafficante internazionale di droga, Barry Seal, uno dei più noti negli Stati Uniti: anche a Seal, braccato dalla giustizia, venne concesso lo status di informatore. La sua base operativa, però, non era Miami: dal 1982 era Mena, una piccola cittadina dell’Arkansas, nel periodo in cui il Governatore era Bill Clinton. Per due anni uno degli aerei della flotta di Seal era stato il famigerato C123K abbattuto in Nicaragua. (Fine Parte 1/2) di Cristiano Arienti 

“I Bush, i Clinton e lo scandalo Iran-Contra” parte 2

 

Fonti utili (oltre a quelle linkate nell’articolo)

http://www.monitor.net/monitor/9612a/ciacontra.html

http://www.salon.com/2004/10/25/contra/

http://www.maryferrell.org/mffweb/archive/viewer/showDoc.do?docId=12758&relPageId=3 (Bush-Devine)

http://www.granma.cu/granmad/secciones/conclusiones/art004.html

http://www.globalresearch.ca/contras-drugs-and-money-the-hunt-for-the-secret-team/5341189

https://consortiumnews.com/2014/03/21/firewall-inside-the-iran-contra-cover-up/

http://www.counterpunch.org/2006/11/08/robert-gates-and-iran-contra/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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5 Responses to “I Bush, i Clinton, e lo scandalo Iran-Contra: una parabola americana -Parte 1”

  1. alessandra March 23, 2015 at 2:07 pm #

    Questa prima parte smaschera le bugie raccontate.
    Peccato che non si tratta di parole bugiarde e futili ma fatti ignobili

  2. alessandra March 23, 2015 at 2:08 pm #

    Attendo con impazienza la II parte

    • Cristiano Arienti March 23, 2015 at 2:36 pm #

      Grazie Alessandra! Negli anni ’80 il mondo era diverso, ma non per questo bisogna dimenticare i crimini perpetrati nel nome di un bene superiore (in quel caso la sicurezza nazionale).
      Penso che conoscere l’Iran-Contra aiuti a capire fatti antecedenti (JFK, MLK, RFK, Cile). Spero con la seconda parte di far capire bene perché i Bush e i Clinton siano stati (e rischiano di esserlo ancora) così importanti per questo sistema – possiamo dirlo? – corrotto.
      Ah, la seconda parte l’ho appena pubblicata!

  3. alessandra March 24, 2015 at 11:18 pm #

    si possiamo dirlo e urlarlo a gran forza e i tuoi scritti sono un prezioso megafono per denunciare a gran voce la corruzione. I Bush e i Clinton sono purtroppo ancora a dominare lo scenario dell’ordine mondiale.

    grazie Cristiano, davvero grazie è un onore leggerti

    alessandra

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