Continua la lotta dei parenti delle vittime dell’11 Settembre per avere giustizia
Nel dicembre 2013 Walter B. Jones e Stephen Lynch, rappresentanti del Congresso americano, hanno promosso una risoluzione parlamentare (H. Res. 428) per declassificare un capitolo di 28 pagine contenuto nel rapporto dell’Indagine interparlamentare sugli eventi dell’11 Settembre. Una richiesta che i parenti delle vittime e i sopravvissuti dell’11 Settembre avanzano da molti anni, e che è stata ignorata dall’amministrazione Obama. L’indagine, co-presieduta dall’ex senatore Bob Graham e terminata nel dicembre 2002, si era avvalsa anche di prove e testimonianze fornite dalla Cia (Servizi segreti americani) e dall’Fbi (Ufficio investigativo federale), e in quelle 28 pagine si fa luce sulla rete di supporto finanziario e logistico che i dirottatori avevano goduto sul suolo degli Stati Uniti nei due anni precedenti l’attacco dell’11 Settembre.
Secondo varie ricostruzioni, tra cui quella di Richard Clarke, consigliere al controterrorismo della Casa Bianca (1998-2002), i dirottatori Nawaf Alhazmi e Kalid Alhmidar sono giunti negli Usa all’inizio del 2000, a Los Angeles, e hanno trovato subito appoggio concreto in Omar Bayoumi, un cittadino saudita in costante contatto con le ambasciate del suo Paese. Bayoumi è sospettato di aver girato ingenti somme di denaro ai due, tramite una prestigiosa fondazione Saudita. Si sa poi che ha ottenuto fondi del principe Bandar, all’epoca ambasciatore dell’Arabia Saudita negli Stati Uniti, attraverso Usama Basnan, un altro cittadino saudita. L’Fbi seguiva Bayoumi e Basnan da tempo, sia perché sospettati di essere agenti sauditi, sia per riciclaggio di denaro.
Secondo le ricostruzione di Richard Clarke e Graham, la Cia teneva sotto controllo i due membri di Al Qaeda (Alhazmi e Alhmidar) ancor prima del loro arrivo negli Stati Uniti. Bayoumi, tra l’altro, ha frequentato anche un altro dirottatore, Hani Hanjour, che ha pilotato il Boeing 767 schiantatosi contro il Pentagono. Secondo l’ex consigliere al Controterrorismo, la Cia avrebbe tentato di infiltrare suoi agenti dentro Al Qaeda, per questo motivo non ha bloccato i sospetti al loro arrivo negli Usa, e nei mesi successivi. Rimane un mistero per Clarke, in quel periodo tenuto all’oscuro di questi fatti, la ragione per cui i futuri dirottatori vennero inseriti in una ordinaria lista di ricercati, e solo pochi giorni prima dell’attacco terroristico; anche perché già all’inizio dell’estate del 2001 la Cia, l’Fbi, l’Nsa (Agenzia della sicurezza nazionale) e la Dia (Servizi segreti della Difesa), più i servizi segreti di vari Paesi, avevano tentato di avvertire l’amministrazione Bush che Bin Laden stava preparando un attentato su larga scala, multiplo e simultaneo, anche con aerei di linea. La prova che George W. Bush ne era consapevole è il briefing del 6 Agosto 2001 con il rapporto titolato “Bin Laden deciso a colpire negli Stati Uniti” (Fonte). Già a giugno del 2001 Clarke aveva consigliato di aumentare l’allarme da “3” a “5”, ma Condoleezza Rice, l’allora Consigliere alla Sicurezza e poi Segretario di Stato, ignorò l’invito. Allora Clarke aveva ordinato alla Faa (Agenzia federale dello spazio aereo) di aumentare al massimo l’allarme, ma venne disubbidito. Il 10 luglio del 2001 l’agente Fbi Ken Williams mandò un rapporto agli uffici centrali, dal sottotitolo: “Affiliati di Osama Bin Laden stanno frequentando una scuola di volo di aerei commerciali” (Phoenix Memo). L’agente Fbi Robert Wright aveva già denunciato all’interno dell’Agenzia che ogni sforzo per bloccare trame terroristiche veniva vanificato. l?11 Settembre il Norad (Sistema di difesa dello Spazio Aereo del Nord-Atlantico) è stato colto di sorpresa; così i dirottatori hanno potuto portare a termine l’attacco all’America.
Si presume che nel rapporto dell’Indagine interparlamentare si parli in dettaglio anche di chi, e come, proteggeva e finanziava gli altri dirottatori durante la loro permanenza nelle basi strategiche a New York City, in Virginia, in New Jersey, in Florida e poi in Arizona. Confermando così ricostruzioni che vedono gli altri dirottatori in contatto con elementi dei servizi segreti sauditi.
E’ dal 2002 che vengono intentate cause contro rappresentanti del governo dell’Arabia Saudita riguardo agli eventi dell’11 Settembre. E durante i procedimenti, l’amministrazione Bush ha concesso speciali immunità giudiziarie ai cittadini sauditi, in relazione all’attentato terroristico, varando una legge (SFIA). Si sospetta che dietro ci sia stata anche la minaccia di disinvestire centinaia di miliardi dollari nell’economia Usa. Le Assicurazioni e le Associazioni dei parenti delle vittime hanno lottato contro questa decisione. Alcuni hanno accettato somme di denaro per ritirare le loro istanze, a patto di avere mano libera in caso si scoprissero nuovi elementi probatori. Anche alcune Assicurazioni avrebbe appianato la questione dopo ingenti risarcimenti.
Con il reiterarsi delle cause, però, nel 2009 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha domandato formalmente all’amministrazione Obama se vi fossero particolari ragioni per non accogliere le istanze dei parenti delle vittime dell’11 Settembre. Elena Kagan, l’avvocato del dipartimento di giustizia della Casa Bianca e oggi giudice della Corte Suprema, in aula ha spiegato: “si deve rigettare la richiesta perché non c’è alcun motivo di accoglierla” (fonte). Tra gli avvocati delle vittime dell’11 Settembre e l’amministrazione Obama si è aperta anche una contrattazione per capire la ragione di quella posizione. Davanti ai parenti Obama ha promesso che avrebbe fatto di tutto per la declassificazione del documento, ma alla fine la Corte ha vietato qualsiasi tipo di azione legale relativa al finanziamento ricevuto dai dirottatori e riconducibile al governo dell’Arabia Saudita (fonte).
Nel 2012 la Commissione giustizia del Senato ha approvato un disegno di legge (JASTA) per considerare responsabile chiunque finanzi persone colpevoli di attentati terroristici, con qualsiasi modalità. Se entrasse in vigore permetterebbe di superare il divieto imposto dalla Corte Suprema.
Due anni fa Bob Graham, che nel 2002 aveva collaborato alla stesura del capitolo sui “finanziamento ai dirottatori dell’11 Settembre da parte di potenze straniere”, ha pubblicamente denunciato che alcuni membri del governo dell’Arabia Saudita hanno avuto un ruolo chiave nell’attacco terroristico in cui morirono quasi 3000 cittadini di oltre 60 Paesi. Un evento che ancora oggi sta uccidendo i “first responders”, cioè le persone che prestarono i primi soccorsi a Ground Zero; in centinaia sono già morti, si sospetta, anche per l’esposizione a 400 tonnellate di eternit e altro materiale tossico usati per la costruzione delle Torri Gemelle (WTC1 e WTC2) e della Salomon B. Tower (WTC7), il terzo grattacielo crollato in un una manciata di secondi (fonte).
Il 12 marzo del 2014 i rappresentanti del Congresso Walter Jones e Thomas Massey, repubblicani, e Stephen Lynch, democratico, hanno tenuto una conferenza stampa per spiegare l’importanza di quelle 28 pagine, ma senza divulgarne il contenuto. Come altri documenti classificati, quel capitolo dell’Indagine interparlamentare sull’11 Settembre può infatti essere letto solo dai membri del Congresso americano e dopo formale richiesta, giurando di non riportare all’esterno nessun dettaglio. Ma i tre si sono sforzati di far capire quanto sia prezioso quel documento per raggiungere la verità sugli eventi dell’11 Settembre.
Jones, introducendo la conferenza, ha annunciato che l’America non rimarrà un Paese forte se come nazione non pretende la verità. Lynch ha spiegato che le famiglie delle vittime meritano l’opportunità di capire in modo più approfondito perché i loro cari hanno perso la vita, e le 28 pagine servirebbero a questo; ma aggiunge che portare alla luce quel documento rappresenta un passo cruciale per l’intera politica estera americana del futuro. Thomas Massey, raccontando la sua esperienza, afferma che le 28 pagine sono una sfida, perché ti costringono a ripensare tutta la storia recente degli Stati Uniti; la declassificazione delle pagine, dice Massey, aprirebbe un processo doloroso e imbarazzante per il Paese, ma gli Americani hanno il diritto di conoscere la verità.
Tutti e tre i rappresentanti hanno negato che la declassificazione di quelle 28 pagine minacci la Sicurezza nazionale; al contrario, quel documento costituisce una sirena d’allarme, perché la rete che aveva supportato i dirottatori non è mai stata smantellata. E infine hanno domandato all’amministrazione Obama di spiegare pubblicamente agli Americani il motivo per cui sta tenendo segrete queste pagine.
La conferenza stampa è stata chiusa da tre rappresentanti di un’associazione dei parenti delle vittime e dei sopravvissuti, con oltre 6000 membri. Terry Strada, Alice Hoagland e Sylvia Carver hanno lanciato un accorato appello al Presidente Obama per declassificare le 28 pagine, come aveva promesso di fare già nel 2009. Solo così, a loro giudizio, il sistema giudiziario americano accetterebbe senza più esitazioni una causa legale contro elementi del governo Saudita; e finalmente perseguiterebbe chi ha avuto un ruolo determinante nell’11 Settembre, tanto quanto quello dei dirottatori.
E magari si farebbe luce sul comportamento del Principe Bandar, che la mattina del 13 settembre 2001 era stato ricevuto alla Casa Bianca, e aveva ottenuto dal presidente degli Stati Uniti George W. Bush il permesso di espatriare 144 fra membri della rappresentanza diplomatica saudita e le loro famiglie (fonte).
Non poteva essere più chiara Sylvia Carver, che ha perso la sorella Sharon A. Carver durante l’attacco al Pentagono: “Vogliamo l’opportunità di chiedere giustizia, meritiamo l’opportunità di vedere quei codardi in un’aula di tribunale.”
di Cristiano Arienti
Articolo pubblicato su “Cafè Golem”, blog della testata online EastJournal.net
In copertina: alcune delle vittime dell’11 Settembre
Conferenza Stampa sulla H. Res 428
https://www.youtube.com/watch?v=_T9xE_mkbzc#t=2000
Timeline degli eventi pre-11 Settembre, 11 Settembre. post-11 settembre
Intervista all’ex Senatore Bob Graham sul ruolo dell’Arabia Saudita dietro all’11 Settembre.
https://www.youtube.com/watch?v=E18zaVc3U_s (1 parte /4 – in inglese con sott. in ing.)
L’intervista di Richard Clarke rilasciata nel 2009 a Ray Nowosielski e John Duffy
https://www.youtube.com/watch?v=IzP9YJpBubk