Chi ha paura degli omosessuali?

Una decina di anni fa una mia amica americana mi disse che suo padre era gay e aveva una relazione pubblica e stabile con un uomo. Per me fu una notizia davvero inaspettata e sorprendente; mi sembrava impossibile che un capofamiglia, sulla soglia dei 40, se ne fosse uscito con una cosa simile. Dall’oggi al domani aveva ammesso una condizione che in molti custodiscono nel greto delle relazioni sentimentali più intime. Egli, tra l’altro, aveva fatto coming out all’inizio degli anni ’90, e per di più in Alabama, stato del profondo sud che non ha mai smesso di opporre un greve ostracismo nei confronti degli omosessuali. Nulla in confronto alla caccia all’uomo che ancor oggi viene allestita contro gay e lesbiche nel mondo arabo e africano, ma è bene ricordare come in Usa l’omofobia abbia portato a episodi terribili. E’ impossibile scordare l’uccisione del 21enne Matthew Sheppard, gay nel Wyoming, legato a una rete metallica e pestato a morte. Oggi Matthew Sheppard è il nome della legge contro gli Hate Crimes – Crimini generati dall’odio, approvata nel 2009; essa ammette un reato specifico per le offese di natura omofobica. Una legge che in Italia è stata presentata all’attuale Parlamento due volte e che è stata bocciata perchè, secondo una maggioranza  trasversale di ispirazione cristiana, porrebbe gay e lesbiche in una condizione di favore rispetto agli altri cittadini. Come se nel nostro Paese gli omosessuali fossero davvero sullo stesso piano degli eterosessuali.

Siamo nel 2012 e l’Italia gioca ancora a nascondino su un tema che, secondo il rapporto Kinsey, riguarda da vicino un buon 7% di concittadini in età adulta. Oggi almeno si sta parlando più apertamente dell’esistenza di oltre 3 milioni di omosessuali italiani, delle loro aspirazioni e dei loro diritti. Quando il padre della mia amica americana fece coming out, la questione LG (lesbiche e gay) in Italia era un tabù , e comunque vigeva la regola del “sono affari loro”. Tradotto: gli omosessuali (per altro termine riferito sempre ai maschi) facciano quel che vogliono nella loro vita privata, in casa loro. Infatti i coraggiosi e i liberi che lasciavano intendere le proprie inclinazioni sessuali venivano additati, carezzati dal costante turbine della diceria, del bisbiglio, del “oh ma lo sai che quello è frocio?”. Saranno pettegolezzi, però troppo spesso si trasformano in stigma sociale.

Perfino al nord, negli anni ’90 e primi anni del 2000, in città medie da 300.000 abitanti, il coming out per un adulto era un passo da ponderare con estrema attenzione. E’ chiaro che la cultura del “facciano quel che vogliono in casa loro” rappresenta un sipario calato sul palcoscenico della vita reale. Infatti quel richiamo alla privacy per i gay e lesbiche è, se ci si pensa bene, una cosa assurda. “Lo facciano a casa loro” sottende l’atto sessuale; come se agli eterosessuali venisse ricordato continuamente: “oh, se dovete scopare, fatelo a casa vostra”. Questo tipo di cultura chiede a 3 milioni di italiani, elettori e contribuenti, di nascondere una parte importante del loro essere.

Dagli anni 2000 quest’attitudine si sta progressivamente smorzando, almeno nelle medie e grandi città, ma ancora oggi non poi così tanti  i  gay e le lesbiche che vivono apertamente la loro condizione, fosse anche all’interno di una ristretta cerchia di amici e, se comprensivi, di parenti. Ancora troppi confinano la loro natura in quella camera da letto dove parte della società vorrebbe tenerli segregati. E’ vero che in una stanza capita che il soffitto scompaia, e si possa vedere il cielo; o comunque c’è sempre abbastanza spazio per un semplice volo a planare; ma poi quella stessa natura rimane interrata dentro di loro per il resto della giornata, settimana dopo settimana, anno dopo anno. E in molti casi attecchisce una bella siepe di ipocrisie, con una moglie o marito che non intuiscono, figli che poi incatenano a quel letto matrimoniale; il tutto per mantenere uno status sociale “normale” di fronte genitori, parenti, conoscenti, capiufficio, colleghi, vicini di casa, gli impiegati della posta.

Il tutto per non avere quel “marchio” addosso, come poteva esserlo una “A” di adultera sulla cuffia dei capelli, o la pelle nera, o la stella di David sulla  manica del vestito.

Ed è quello che successe, probabilmente, anche al padre della mia amica americana, sebbene lei non mi abbia parlato della relazione tra i suoi genitori, se avessero avuto un rapporto intenso, come può esserlo stato tra il gay Mastroianni e la Loren moglie di un fascista in “Una giornata particolare”, immenso film di Ettore Scola.

Però la mia amica mi raccontò come avvenne il coming out. Un giorno suo padre, con lei e il fratello ormai adolescenti, trovò la forza di dirsi la verità, di annunciarla alla famiglia, e vivere in questo mondo senza più nascondersi. Tanta sofferenza, ma basta bugie, e un nuovo modo di volersi bene. Come detto erano i primi anni ’90, quando negli Stati Uniti la comunità LG s’era conquistata la propria nicchia sul palcoscenico sociale. Questo era potuto accadere per la lotta civile contro le persecuzioni e le discriminazioni, battaglie vinte anche grazie al martirio di gente come Harvey Milk, primo omosessuale dichiarato a rivestire una carica pubblica e per questo assassinato nel 1978. Una lotta da combattere tutti i giorni, però, visto che le cronache ci riportano costantemente di aggressioni, di violenze psicologiche, di intimidazioni verso i giovani che “escono” allo scoperto o emanano la propria natura perchè a reprimerla non riescono proprio. Allora sono altri che cercano di opprimerla con gli scherzi, le battute, lo stalking. Una lotta di autodifesa che negli anni è diventata anche di rivendicazioni, come quella di unirsi legalmente. Dal passo fuori dall’ombra, al passo di fronte a un sindaco che dichiara due persone dello stesso sesso unite in un vincolo riconosciuto dalla comunità intera.

Oggi in America sono 6 gli Stati dove si celebra il matrimonio tra uomo-uomo o donna-donna; questo traguardo è stato raggiunto attraverso cause civili in cui ci si appellava all’incostituzionalità del divieto imposto a persone dello stesso sesso di unirsi in un vincolo legalizzato in sede civile. In altri Stati vige una legislazione che riconosce differenti tipi di unione tra persone del medesimo sesso, garantendo gli stessi diritti concessi agli eterosessuali. In 30, però, ne hanno imposto il divieto per via parlamentare; ma in tutti gli Stati del profondo sud,  i movimenti di ispirazione cristiana hanno promosso referendum per emendare la costituzione e bandire qualsiasi tipo di unione legale diversa dal matrimonio tra uomo e donna.

L’ultimo in ordine di tempo è stato il North Carolina, dove oggi vive la mia amica. Lei si è impegnata pubblicamente contro questo divieto, che ha definito “disgustoso”, sensibilizzando la sua comunità sui diritti degli omosessuali. Oltre il 70% dei votanti, però, si è espresso a favore del divieto. I promotori del referendum hanno sostenuto che “non si riscrive la natura del progetto di dio solo perchè lo chiede un gruppo di adulti”. La chiamata in causa di una divinità per spiegare le ragioni di una qualsiasi messa al bando sono alla base di molte feroci persecuzione nella storia dell’umanità: fedeli di un culto contro fedeli di un culto diverso, integralisti contro moderati, religiosi contro scienziati e umanisti; come anche la negazione di un dio ha scatenato violenze insensate. Nel caso del North Carolina, la sfera religiosa si è trasformata tale e quale a uno dei dardi di fuoco che, come è scritto nella Bibbia, si abbatterono su Sodoma e Gomorra. Non è in gioco solo la concessione di un diritto; è in corso il rimpicciolimento della natura umana nei comparti stagni di persone dogmatiche. Siamo tornati indietro di un buon 5-6.000 anni nella civilizzazione. Si dirà che il voto esprime la volontà del popolo. Tuttavia secondo Gallup, autorevole istituto di sondaggi, il 51% degli americani è favorevole all’unione legalizzata fra persone dello stesso sesso.

Un recente sondaggio Istat rivela che la metà degli Italiani approverebbe le unioni omosessuali, e quasi il 45% sarebbe favorevole al matrimonio. Questi dati impongono una riflessione alla nostra classe politica, in particolare per quel centro-destra che tratta la materia come un fastidio piuttosto che come un problema da affrontare e risolvere. Chiaramente pesa quel movimento trasversale di ispirazione cattolica che arriva a giudicare l’omosessualità come un disturbo clinico o una malattia. Quindi nel nostro Paese, per negare il diritto a persone dello stesso sesso di unirsi di fronte alla comunità, non viene chiamato in causa solo dio, ma anche la scienza medica. Che si fa? Torniamo a ingabbiare gli omosessuali nei manicomi, e si tenta di rinsavirli a suon di elettroshock?

No, a parte qualche fanatico, nessuno (?) potrebbe avvallare una simile politica. Come nessun promotore del referendum in North Carolina potrebbe giustificare il crimine di Peter Lucas Moses, leader di una setta religiosa di Durham, poco distante dalla capitale Raleigh. Moses ha  assassinato Antonietta McKoy, una delle sue mogli, e il figlio di lei Jadon; quest’ultimo, di 4 anni, è stato eliminato perchè mostrava segni di omosessualità. Il problema, chiaramente, non era nel comportamento di Jadon, o nella sua natura, ma negli occhi e nella mente di Moses.

A circa dieci anni dal giorno in cui la mia amica mi parlò dell’omosessualità del padre, ho capito meglio la mia perdurante incredulità: il problema non era nella scelta di vita di quell’uomo dell’Alabama, ma nei miei occhi e nella mia mente.

di Cristiano Arienti

In copertina: Francis Bacon – Ritratto di Michel Leiris

http://www.huffingtonpost.com/2012/05/08/amendment-one-north-carolina_n_1501308.html

http://www.youtube.com/watch?v=fTsao56WYRQ (“Una giornata particolare”, di Ettore Scola)

http://it.wikipedia.org/wiki/Rapporto_Kinsey (rapporto Kinsey)

http://www.youtube.com/watch?v=dVPUb7QP4OA ( Il cielo in una stanza, Mina)

http://www.youtube.com/watch?v=CLe9y8kXoqc (Non sono una signora, Loredana Berté)

 

 

 

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